
All’undicesima edizione di Sustainable Food Summit (Amsterdam), si è discusso molto di TRITORDEUM, il nuovo cereale creato da ricercatori spagnoli combinando il grano duro con una varietà di orzo selvatico originaria del Cile e dell’Argentina, questa nuova coltura abbina la digeribilità dell’orzo al sapore tradizionale del grano.
La strada seguita è stata simile a quella madiante la quale si è ottenuto a suo tempo il triticale, nato negli anni ’70 dall’ibiridazione tra grano duro e segale.

Questa nuova cultura si sta diffondendo gradualmente nei paesi mediterranei (Italia, Spagna) ed è interessante sia sotto l’aspetto nutrizionale che di sostenibilità ambientale: in particolare, ha un fabbisogno idrico inferiore e una ridotta necessità di fungicidi e fertilizzanti rispetto alle comuni varietà di grano, rendendola un’aggiunta molto interessante al paesaggio agricolo in un momento nel quale stanno divenendo predominanti le preoccupazioni sui cambiamenti climatici. Resiste bene alla siccità, alle alte temperature e alle inondazioni e presenta una buona resistenza alle malattie, riducendo l’uso di pesticidi. Ma oltre a ciò, da un punto di vista nutrizionale, è particolarmente ricco di acido oleico, un acido grasso monoinsaturo associato a benefici per la salute cardiovascolare, e luteina, un antiossidante che riduce il rischio di malattie degli occhi e dona al grano un colore giallo oro . Inoltre contiene circa il 30% in più di fibre alimentari rispetto al grano tenero.
Infine, pur contenendo anch’esso glutine ed essendo quindi inadatto a coloro che soffrono di celiachia, presenta un contenuto glutinico notevolmente inferiore al grano tenero tradizionale rendendolo quindi interessante per coloro che presentano un’intolleranza (e non una vera e propria allergia conclamata) al glutine.