
La Commissione europea, in vista del varo dei recovery plan nazionali, sta esaminando i dossier dei singoli Paesi membri per capire in quale situazione si trovano e in quale situazione si troveranno alla fine dell’epidemia.
IN questo quadro di verifiche, la Commissione ha pubblicato un approfondito documento di analisi riguardante l’Italia.
La relazione del 2021 sul meccanismo di allerta ha concluso che dovrebbe essere intrapreso un esame approfondito per L’Italia relativamente al permanere di squilibri o il loro eventuale riassestamento.
A febbraio 2020, sotto il precedente ciclo annuale di sorveglianza nell’ambito della procedura per gli squilibri macroeconomici lLa Commissione ha individuato “eccessivi squilibri macroeconomici” in Italia.
Secondo la Commissione, questi squilibri sono legati ad un alto debito pubblico e una prolungata debole dinamica della produttività in un contesto di elevata disoccupazione e a un livello ancora elevato di sofferenze, seppure con un trend decrescente. L’analisi mostra che queste rimangono le principali vulnerabilità.
Va anche notato che il contesto della valutazione delle vulnerabilità per l’Italia è nettamente diverso dall’anno scorso. L’evoluzione della pandemia di COVID-19, la forza della ripresa e le possibili implicazioni strutturali della crisi sono tutti fattori ancora caratterizzati da un’elevata incertezza, che richiede cautela nella valutazione.
In generale, l’azione politica dello scorso anno si è concentrata sull’attenuazione dell’impatto dello shock COVID-19 e sulla facilitazione della ripresa. Questo ha accresciuto l’indebitamento, ma dovrebbe sostenere l’aggiustamento nel medio termine. Guardando avanti, il Il piano di ripresa e resilienza offre l’opportunità di affrontare squilibri, investimenti e riforme esigenze.
Dopo queste premesse, il documento passa all’analisi ed elenca le principali questioni sul tappeto:
L’elevato rapporto debito pubblico/PIL dell’Italia è aumentato drasticamente al 155,8% nel 2020 e si prevede
cresca ulteriormente nel 2021, prima di diminuire nel 2022.
Una maggiore crescita potenziale è essenziale per una più rapida riduzione del rapporto debito pubblico/PIL
L’occupazione è diminuita notevolmente dall’inizio della crisi COVID-19, e un gran numero di persone è uscito dal mercato del lavoro. I dipendenti con contratti a tempo determinato e i lavoratori autonomi hanno sopportato l’urto dello shock COVID-19, anche se il forte sostegno del governo ha attenuato l’impatto complessivo della crisi sul mercato del lavoro.
Tuttavia, il tasso di disoccupazione dovrebbe aumentare nel 2021 e mantenersi su livelli elevati nel 2022, come
l’aumento della forza lavoro dovrebbe compensare almeno in parte i guadagni in termini di occupazione.
I tassi di attività e occupazione, in particolare delle donne e dei giovani, rimangono nettamente al di sotto della media dell’UE.
Fin qui le considerazioni generali.
Passando poi ad un’analisi più dettagliata e puntuale, la Commissione identifica quali principali ragioni della crescita contenuta della produttività gli investimenti insufficienti, elevata quota di settori a bassa produttività nell’economia italiana e le piccole dimensioni medie d’impresa.
Purtroppo, il parere della Commissione è piuttosto negativo sulla possibilità di un miglioramento degli squilibrii a breve termine, mentre non è ancora possibile valutare il pieno impatto della crisi COVID-19 sulla situazione italiana.
IL MERCATO DEL LAVORO e IL BLOCCO DEI LICENZIAMENTI
Una parte molto ampia del documento è dedicata al mercato del lavoro e ai provvedimenti che sono stati intrapresi.
Relativamente al blocco dei licenziamenti, che ancora oggi è uno dei temi al centro del dibattito sia sindacale che politico, il giudizio della Commissione è molto netto:
” Politiche come il divieto generale di licenziamento (“blocco dei licenziamenti”) tendono ad influenzare la
composizione, ma non la portata dell’aggiustamento del mercato del lavoro. L’Italia è l’unico Stato membro che
ha introdotto un divieto universale di licenziamenti all’inizio della crisi COVID-19. Questa misura è stata
prorogata fino a giugno 2021 per i lavoratori assistiti dai regimi STW (ovvero meccanismi di protezione sociale, come la cassa Integrazione) e fino a ottobre 2021 per le altre categorie di lavoratori. In pratica, questa misura avvantaggia per lo più gli “insider”, cioè i titolari di posti di lavoro a tempo indeterminato, a scapito dei lavoratori interinali e dei lavoratori stagionali.
Inoltre, un confronto con gli sviluppi del mercato del lavoro in altri Stati membri che non hanno introdotto tale misura suggerisce che il divieto di licenziamento non è stato particolarmente efficace e si è rivelato superfluo in considerazione dell’uso esteso di schemi di mantenimento del posto di lavoro.
Per alcuni paesi simili con un livello simile di schemi STW (meccanismi di protezione sociale, come la cassa Integrazione), in particolare Germania e Francia, l’elasticità occupazionale è ancora più bassa, ovvero quei paesi sono riusciti a contenere l’ impatto sul mercato del lavoro senza ricorrere a misure restrittive come il divieto assoluto di licenziamento.
Il divieto di licenziamento potrebbe persino rivelarsi controproducente, più a lungo è in vigore, poiché ostacola il necessario adeguamento della forza lavoro a livello aziendale.”
Ma i nostri sindacati nazionali sono – ovviamente – di diverso parere :