RIAPERTURE : LA FEDERAZIONE SCRIVE AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO MARIO DRAGHI

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Non si può ripartire se si continua a limitare drasticamente il numeri di clienti che possono entrare.

Dopo le riaperture di cinema, teatri, stadi e discoteche è necessario rivedere anche i limiti numerici di ingresso nei forni e nei piccoli negozi.

Nella marea di provvedimenti assunti a partire dai primi mesi dell’epidemia Covid 19 sia livello nazionale (prima dal Governo Conte 2 e successivamente dal Governo Draghi) che locale (regionale e anche comunale), molti sono stati quelli relativi alle misure di prevenzione anticontagio che hanno riguardato e riguardano tutt’ora le nostre imprese.  Guanti, mascherine, avvisi alla clientela, protocollo aziendale, distanziamento ci hanno sicuramente complicato il lavoro in modo significativo e sicuramente inciso economicamente per i costi aziendali connessi.

Non vi è dubbio che uno degli aspetti che più hanno condizionato il nostro lavoro è stata certamente la limitazione al numero di clienti che possono accedere contemporaneamente alla parte di panificio dedicata alla vendita.  Che le imprese di panificazione italiane siano in larghissima parte piccole o piccolissime aziende: è fatto noto e confermato anche dai dati elaborati da SOSE in funzione degli studi di settore prima e successivamente degli ISA: complessivamente sono quasi 19mila (poco meno del 90% del totale ) con una media di poco più di tre addetti ciascuna.   È anche intuitivo che imprese artigianali di dimensioni così ridotte dedicano gran parte degli spazi disponibili alla produzione, al deposito di materie prime (farina, ovviamente, in primo luogo) e ai servizi. Rimane dunque uno spazio quasi sempre modesto per la vendita a disposizione del consumatore.

E’ dunque intuitivo che una delle normative anti-Covid che più ha impattato sulla nostra categoria (e non soltanto sulla nostra, ovviamente), è stata la drastica  limitazione del numero di clienti che possono accedere contemporaneamente agli esercizi commerciali che le Linee Guida hanno così determinato :

-per locali fino a quaranta metri quadrati può accedere una persona alla volta, oltre a un massimo di due operatori;

– per locali di dimensioni superiori a quaranta metri quadrati,, l’accesso è regolamentato in funzione degli spazi disponibili, differenziando, ove possibile, i percorsi di entrata e di uscita.

Regola alla quale, in una situazione epidemica devastante come quella che abbiamo passato nel 2020 e parte del 2021, ci siamo adeguati consapevoli che era necessario farlo per poter continuare a lavorare, sia pure a ritmo ridotto, ma in condizioni che erano critiche per tutti.

Una regola che però abbiamo scontato tutti con un calo (che un calcolo prudenziale colloca attorno tra il 15 e il 20% del fatturato) considerato che il tempo di permanenza del singolo cliente nel negozio riguarda non solo la scelta e il servizio ma anche il momento del pagamento spesso, quest’ultimo, specie con persone anziane di durata maggiore che non la vendita stessa. E, fintanto che il nostro cliente non usciva dal negozio, nessun altro poteva entrare.

Anche in situazioni delle quali la metratura supera i quaranta metri, difficilmente i clienti presenti potevano (e ancora oggi possono) superare le tre unità. Dunque, tempi di vendita più lunghi, personale sottoutilizzato sono le prime conseguenze di una situazione che abbiamo accettato tutti cdi buon grado come inevitabile ma che oggi continua a pesare sulle nostre imprese e che a breve, se non interverranno delle modifiche, non potrà che ripercuotersi negativamente sui posti di lavoro.

Infatti, se in un negozio non può entrare più di una persona alla volta, diventa difficile pensare di poter adibire alla vendita due persone: e, analogamente, se prima in un forno di maggiori dimensioni servivano magari tre o quattro commesse e a volta anche una cassiera, è intuitivo che con un massimo di tre clienti alla volta quattro o cinque dipendenti diventano davvero troppi.

SE, come detto, a tutto questo ci siamo per quasi anni necessariamente adeguati, diventa però difficile farlo oggi in presenza di nuove norme e decreti che, giustamente e a ragion veduta, riaprono cinema, teatri, palestre, stadi e discoteche sulla base di un andamento epidemico che appare essere in regressione o perlomeno contenuto entro limiti che consentono di riprendere uno stile di vita quasi normale.  E tanto piò lo è se si considera che, ad esempio, in un cinema o in un teatro si trascorrono un almeno d’ore tutti più o meno vicini uno all’altro mentre all’interno di un panificio, per quanto si faccia con calma, probabilmente si rimane poco più di qualche minuto.

Diventa dunque del tutto logico chiedere che il Governo, prendendo atto della situazione attuale, provveda, se non ad eliminare, perlomeno a modificare una limitazione che mette a rischio la piena ripresa della nostra così come di altre categorie e potrebbe, a breve, costringere le imprese a licenziamenti che, con senso di forte responsabilità e con sacrifici economici anche rilevanti, i panificatori italiani hanno fin qui evitato.

 

Con la lettera inviata al presidente Draghi, La Federazione Italiana Panificatori ha inteso sollecitare il Governo ad assumere, nell’ambito dei provvedimenti che oramai quasi settimanalmente emana, le necessarie modifiche ad una regola che appare oramai superata dai fatti e che, per altro verso, rischia di penalizzare aziende e lavoratori in un momento nel quale il Paese tutto è impegnato in una ripresa che pare possibile e alla quale anche i panificatori vogliono dare il proprio contributo.

puoi scaricare QUI il PDF della lettera