REPORT ISTAT: DAL COVID UN IMPATTO DISASTROSO SULLE IMPRESE

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L’ISTAT ha pubblicato un report relativo all’andamento delle imprese nel periodo COVID; l’indagine, denominata “Situazione e prospettive delle imprese nell’emergenza sanitaria Covid-19” è stata condotta tra il 23 ottobre e il 16 novembre 2020, con l’obiettivo di consentire nuove valutazioni in merito agli effetti della pandemia sull’attività
delle imprese e le loro prospettive.  

Ne estrapoliamo i passaggi che riteniamo maggiormente significativi, rimandando chi volesse approfondire il report al documento integrale.

Si noti, in particolare, che ben quattro quinti delle imprese oggetto di indagine (804 mila, pari al 78,9% del totale) sono microimprese che hanno da 3 a 9 dipendenti.

Secondo il report, tra giugno e ottobre vi sono state riduzioni di fatturato per oltre due terzi delle imprese.
  • Il 32,4% (con il 21,1% di occupati) segnala rischi operativi e di sostenibilità della propria attività e il 37,5% ha richiesto il sostegno pubblico per liquidità e credito, ottenendolo nell’80% dei casi. 
  • La diffusione della vendita di beni o servizi mediante il proprio sito web è quasi raddoppiata, coinvolgendo il 17,4% delle imprese.
  • La quota di operatori che riportano una perdita di fatturato compresa tra il 10 e il 50% è superiore alla media
    complessiva (45,6%) nel comparto dei beni alimentari (50,8%)

Le micro imprese (3-9 addetti), più delle altre tipologie dimensionali, attribuiscono il calo del fatturato alle restrizioni dovute all’attuazione dei protocolli sanitari, con un’incidenza del 43,2%. Nelle piccole imprese tale quota scende al 35,4%, con un’importanza analoga a quella del calo della domanda nazionale di beni o servizi (35,3%).

La necessità di adottare misure sanitarie e adeguare i processi produttivi al fine di ridurre il rischio di contagio ha riguardato la quasi totalità delle imprese Italiane con almeno 3 addetti.  Tali misure, che possono essere raggruppate in sanitarie (sanificazione e DPI), organizzative (rotazione del personale e modifica delle procedure per clienti e fornitori), di informazione e triage (inclusi tamponi ed esami sierologici) e di politiche del personale (formazione ed esenzione delle categorie protette), hanno rappresentato un costo valutato come rilevante  dal 64,8% delle imprese (76,2% degli addetti), e solo il 33,2% (pari al 22,4% degli occupati) lo ha considerato poco rilevante.

Per quanto riguarda invece  le modifiche organizzative interne, i relativi costi sono stati giudicati rilevanti o molto rilevanti per il 38,5% (50,2% dell’occupazione) delle imprese.

Infine,le attività di informazione sono sono state valutate come un costo rilevante dal 39,2% delle imprese (48,8% dell’occupazione).

Un altro elemento di preoccupazione è costituito dall’aumento del livello di indebitamento che si registra con frequenza maggiore tra le unità produttive più piccole (45,1%).

Quasi raddoppiate le imprese che vendono beni o servizi sul proprio sito web

L’utilizzo di canali di vendita online da parte delle imprese, sebbene in forte sviluppo, resta piuttosto limitato a causa di alcuni fattori strutturali. In primo luogo, la maggioranza delle imprese non vende i suoi prodotti o servizi ai consumatori finali ma a intermediari; In secondo luogo, la rete del commercio al dettaglio tradizionale presenta un radicamento nel sistema economico che deriva anche dalla propensione della clientela all’interazione diretta con il venditore.

Nonostante ciò, la vendita di beni o servizi mediante proprio sito web (e-commerce), adottata prima della crisi Covid dal 9,2% delle imprese italiane con 3 addetti e oltre (circa 90 mila imprese), è quasi raddoppiata e riguarda attualmente il 17,4% delle stesse. Si stima quindi che circa 170 mila imprese dispongano attualmente di siti web per l’e-commerce.

Le conseguenze della crisi: un terzo delle imprese con seri problemi operativi

La fase di prolungata pandemia ha prodotto un ampio insieme di effetti negativi sull’attività delle imprese italiane. L’82,1% delle unità produttive con almeno tre addetti, che generano il 73,7% dell’occupazione e il 77,0% del valore aggiunto complessivi, segnala infatti almeno un elemento che condizionerà in maniera negativa la propria attività nel corso del 2021.

quasi un terzo delle imprese (il 32,4%, rappresentative del 21,1% dell’occupazione) dichiara che dovrà far fronte a seri rischi operativi con le micro e piccole imprese più a rischio (rispettivamente 34,3% e 26,9%).

il 29,8% delle imprese che non prevedono di adottare particolari strategie di reazione (12,8% delle unità con il 10,6%
dell’occupazione complessiva) afferma di non farlo perché non necessario mentre il restante 70,2% (30,2% delle unità con il 19,2% dell’occupazione) può considerarsi spiazzato, ovvero non in grado di reagire alle conseguenze della crisi economica. Quest’ultimo caso è più frequente tra le micro-imprese (71,4%), soprattutto dei comparti industriali (72,2%) e dei servizi non commerciali (73,9%).

MA LE CRITICITA’ AZIENDALI SONO ANCHE MOLTO SPESSO CONNESSE

AD UNA SCARSA INFORMAZIONE DELL’IMPRENDITORE:

Dal rapporto ISTAT infatti emerge anche che oltre la metà delle imprese dichiara di non essere a conoscenza dei provvedimenti che hanno potenziato e prorogato gli incentivi del piano Industria 4.0; oltre il 40% non sa dell’esistenza di incentivi, risorse pubbliche e/o figure di consulenza ai fini del trasferimento tecnologico, della trasformazione digitale, dell’internazionalizzazione, dell’export digitale; più del 30% segnala di non essere informato sulla presenza di misure per il rafforzamento patrimoniale delle PMI, l’aggiornamento e la formazione del personale, il rafforzamento di sportelli unici di consulenza, la cessione del credito d’imposta sugli investimenti.

Infine, considerando il segmento produttivo “spiazzato” dall’emergenza sanitaria, cioè l’insieme di unità colpite dalla crisi che tuttavia dichiarano di non avere ancora attuato strategie di ripresa, si riscontra in generale una minore conoscenza dei provvedimenti (la quota di chi ne è al corrente non supera il 30%).

LEGGI QUI IL REPORT ISTAT (TESTO INTEGRALE)