
Le secche e stringatissime comunicazioni con le quali Roberto Capello e Massimo Gorghetto hanno presentato “con effetto immediato” le loro dimissioni dalle massime cariche della Federazione Italiana Panificatori non lasciano alcun spazio interpretativo sulle motivazioni che le hanno provocate.
Mettendo da parte sussurri, messaggi e speculazioni interpretative varie, sempre presenti in casi come questi ma raramente utili a capire le vere cause e la vera natura delle cose, dobbiamo limitarci al rispetto e all’accettazione dei fatti per quello che sono.
E i fatti dicono che queste dimissioni giungono a quasi due mesi di distanza da un Comitato Nazionale di Indirizzo e Programmazione, l’organo di governo sindacale della federazione che raccoglie in sé i rappresentanti di tutti i panificatori italiani, nel corso del quale la crisi in atto per l’aumento dei costi delle materie prime e per l’insostenibilità delle bollette energetiche avevano guidato tutta la discussione, a volte anche molto accesa, sottolineando da più parti come le imprese di panificazione italiane stessero correndo il rischio di soccombere se non vi fossero stati provvedimenti immediati e specifici “ad hoc” che non sono intervenuti.
Non solo, ma la crescita inarrestabile dell’inflazione oramai deflagrata a livelli sudamericani, ha ridotto la capacità di spesa dei consumatori in misura tale che non solo non possono permettersi di accettare gli aumenti che sarebbero necessari alle nostre imprese per pareggiare i conti, ma addirittura vanno nella direzione di far comunque diminuire le vendite di pane e di tutti gli altri prodotti.
Si sta avvicinando Natale: con queste premesse si rischia un bagno di sangue nel mese tradizionalmente più importante dell’anno, con ulteriori fughe dei consumatori verso gli sconti e i bassi prezzi della grande distribuzione.
Hai voglia di parlare di qualità artigianale quando oltre un quarto delle famiglie italiane sta tirando la cinghia e proprio sui consumi quotidiani: pane, latte, prodotti di pulizia per la casa, quelli che gli economisti chiamano consumi incomprimibili perché di queste cose non si può fare a meno, ma che per nostra amara esperienza sono comprimibili e riducibili, eccome lo sono.
Dunque, è in questo scenario che arrivano queste dimissioni. Come già detto, non sono date a conoscere le motivazioni che in un momento di massima crisi, con la casa che sta bruciando, hanno portato all’abbandono e alla resa di coloro che sono stati chiamati a rappresentare e tutelare la categoria tutta.
Ma, quando la casa brucia non si scappa, si combatte.
Come ha detto bene Ceccolini, prendendo coraggiosamente in mano il timone di una nave rimasta senza timoniere, oggi il problema principale è la sopravvivenza della categoria. Sarà imperativo anche rimettere ordine in casa, ma prima di tutto va spento l’incendio.
E questo si potrà fare solo con il concorso di tutti i panificatori italiani, senza bandiere e senza veti, perché o ci salviamo tutti insieme o saremo, tutti, destinati ad affondare.