
L’INAIL relativamente al verificarsi di una infezione da coronavirus che venga accertata in azienda, ritorna sulla nuovamente sulla questione della responsabilità con le conseguenze penali e/o amministrative conseguenti.
Nella nota l’INAIL precisa che:
In altri termini, la scelta operata con il citato articolo 42 è stata quella dell’esclusione totale di qualsiasi incidenza degli infortuni da COVID-19 in occasione di lavoro sulla misura del premio pagato dal singolo datore di lavoro, ciò in quanto tali eventi sono stati a priori ritenuti frutto di fattori di rischio non direttamente e pienamente controllabili dal datore di lavoro al pari degli infortuni in itinere.
In tali ultime fattispecie, infatti, l’Istituto riconosce la tutela assicurativa al lavoratore infortunato nel tragitto casa-lavoro e viceversa, ma al datore di lavoro non viene imputata alcuna conseguenza per l’evento infortunistico.
Con la circolare Inail 3 aprile 2020, n. 13 è stato chiarito che la tutela Inail riguarda tutti i lavoratori assicurati con l’Istituto che abbiano contratto il contagio in occasione di lavoro e sono stati richiamati, inoltre, i principi che presiedono all’accertamento dell’infortunio nel caso delle malattie infettive e parassitarie, nelle quali come è noto è difficile o impossibile stabilire il momento contagiante.
la nota più avanti opportunamente precisa che
Il riconoscimento cioè del diritto alle prestazioni da parte dell’Istituto non può assumere rilievo per sostenere l’accusa in sede penale…
ma sottolinea anche come sia determinante l’applicazione dei protocolli e delle normative:
la responsabilità del datore di lavoro è ipotizzabile solo in caso di violazione della legge o di obblighi derivanti dalle conoscenze sperimentali o tecniche, che nel caso dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 si possono rinvenire nei protocolli e nelle linee guida governativi e regionali di cui all’articolo 1, comma 14 del decreto legge 16 maggio 2020, n.33.
e conclude con questa precisazione:
In assenza di una comprovata violazione, da parte del datore di lavoro, pertanto, delle misure di contenimento del rischio di contagio di cui ai protocolli o alle linee guida di cui all’articolo 1, comma 14, del decreto-legge 16 maggio 2020, n.33, sarebbe molto arduo ipotizzare e dimostrare la colpa del datore di lavoro.
Segnaliamo infine, a questo proposito, che al momento risulta ancora aperta la discussione se sia sufficiente una semplice circolare O MENO: la ministra del Lavoro, Nunzia Catalfo, si era dichiarata favorevole all’idea che potrebbe bastare un solo atto amministrativo: «Da una prima analisi fatta con l’Inail, sembra che non sia necessaria una norma, che non serva un intervento normativo, ma basta dettagliare meglio la circolare, quindi nelle prossime ore sarà pubblicata una nuova circolare» E la circolare è stata fatta ed è quella sopra richiamata .
Ma sembra invece che il ministro dello Sviluppo, Stefano Patuanelli, sia convinto della necessità di una norma. Anche la sottosegretaria al Lavoro, Francesca Puglisi ha una posizione diversa dalla Ministra Catalfo : «Ci stiamo impegnando per una soluzione normativa che chiarisca definitivamente che i datori di lavoro pubblici e privati che rispettano i protocolli di sicurezza anti-Covid, non possano essere ritenuti colpevoli del contagio dei dipendenti e l’onere della prova non ricada su di loro». Secondo la Puglisi «nella fase 2 dobbiamo sapere conciliare la salute e la tutela dei lavoratori con l’attività di impresa o con le responsabilità dei dirigenti pubblici. Nel decreto Liquidità risolveremo questo problema».
Quindi la parola fine non è ancora scritta: restiamo in attesa del prossimo, ennesimo decreto.