L’ITALIA RIAPRE TRA PAURE E SPERANZE

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FASE 2 :

DAL 4 MAGGIO L’ITALIA RIAPRE TRA PAURE E SPERANZE PER IL FUTURO DELL’EPIDEMIA E DI QUELLO DELLE IMPRESE.

Un virus ancora troppo misterioso le cui future possibili conseguenze sanitarie sono ancora in  parte da comprendere. E le imprese potrebbero essere chiamate a risponderne pesantemente.

Più tempo passa e più questo virus sembra rivelare nuove e inquietanti insidie che mettono seriamente a rischio la salute di milioni di persone.

Solo qualche mese fa politici e scienziati si sbracciavano nelle rassicurazioni che si trattava poco più di un’influenza, che i morti, poveretti, certamente c’erano ma, in fin dei conti, si trattava di vecchi, malati e comunque nulla di diverso da quello che succedeva negli scorsi inverni. Alla prova dei fatti sappiamo tutti, tragicamente, come sono andate e come ancora oggi stanno andando le cose.

Ciò di cui si discute meno, o certamente lo si fa in modo più episodico e casuale, sono le conseguenze, anche permanenti in termini di salute, che il nuovo coronavirus potrebbe comportare. Infatti, se è oramai noto quasi a tutti che il Covid-19 colpisce soprattutto i polmoni con effetti letali sui pazienti nei casi più gravi, molto meno si discute (probabilmente perché si sa ancora troppo poco) dei suoi effetti sugli altri organi vitali dell’individuo con il possibile rischio di danni anche permanenti per coloro che sviluppano la malattia).

Certo, tre mesi sono pochi per comprendere in modo approfondito e fino in fondo che cosa questa “bestia”, come è stata chiamata, provoca nell’uomo, ma evidenze sempre più preoccupanti stanno emergendo circa possibili gravi conseguenze sull’apparato cardiocircolatorio, fegato e reni.

Non è raro, infatti, che nelle forme più gravi, i pazienti registrino  livelli elevati di enzimi epatici, bassa conta dei globuli bianchi e piastrine, bassa pressione sanguigna e insufficienza renale acuta. Ora, non abbiamo certo la pretesa né la presunzione di aprire un dibattito in termini medico-scientifici sul tema. Sono già molti a farlo, e sicuramente molto più competenti e qualificati di noi fornai. Ciò che, invece, vogliamo mettere in luce è il fatto che queste problematiche inevitabilmente, presto o tardi, avranno un impatto sulle imprese e non solo in termini di fatturato ma anche su un altro aspetto, che consideriamo altrettanto inquietante e che concerne la sfera della responsabilità economico-contrattuale del datore di lavoro che, Dio non voglia, può avere risvolti pure penali.

Ciò che intendiamo dire è che questa epidemia avrà una durata di medio-lungo periodo anche forse di qualche anno sempre che non diventi endemica. Nessuno, quindi, può escludere che nei prossimi mesi, magari in autunno, quando tutti gli esperti prevedono la possibilità di una sua recrudescenza, un collaboratore dell’impresa possa infettarsi con conseguenze più o meno gravi.

Ciò comporterebbe per l’azienda non solo drastici ed immediati provvedimenti quali disinfezione, controllo e quarantena di tutti coloro che ne sono venuti a contatto e, nel peggiore dei casi, lo stop all’attività stessa. La cosa di cui non si è ancora discusso e ragionato abbastanza è quali responsabilità potranno essere attribuite al datore di lavoro e all’impresa nel dover dimostrare di aver fatto non solo quanto previsto dalla normativa vigente ma anche tutto quanto possibile per evitare il contagio causa della malattia del lavoratore.

Per capire di cosa stiamo parlando, basti fare il paragone con un qualunque altro infortunio – più o meno grave – che può capitare sul lavoro.

Chiamata in causa dal lavoratore che ha subito il danno, l’azienda dovrà dimostrare al magistrato con fatti documentati non solo di aver rispettato le norme, ma anche di avere assunto tutte le possibili precauzioni e altre analoghe adeguate misure atte a prevenire il contagio da Covid-19 sul luogo di lavoro a garanzia dei lavoratori. In tale fattispecie, anche la minima mancanza potrebbe comportare una condanna giudiziale per il datore di lavoro che potrebbe diventare pesantissima nel caso di invalidità permanente o peggio di morte del collaboratore. Ora però, a differenza di quanto può avvenire in un caso di infortunio sul lavoro, nell’attuale situazione emergenziale per epidemia da Coronavirus, ci troviamo di fronte a qualcosa che ha caratteristiche del tutto particolari e inquietanti: un virus che si trasmette senza dare evidenze immediate con sintomi che si possono manifestare nell’uomo anche dopo 5 giorni l’aver contratto il contagio (e neppure questi nel caso degli asintomatici). Peculiarità di non poca rilevanza, visto che ognuno ha una parte importante di vita privata extra-aziendale che attiene esclusivamente alla sua sfera personale e nessuno può conoscere con inevitabile impossibilità materiale di dimostrare se il contagio da Covid-19 del lavoratore sia effettivamente avvenuto IN azienda nel corso dell’attività lavorativa oppure FUORI dalla stessa.

Non rimane dunque che essere sicuri al 100% di aver fatto tutto perbene, il che è, probabilmente, materialmente molto difficile se non impossibile da fare.

Infatti, anche se può sembrare fattibile e relativamente semplice l’applicazione delle precauzioni in un nostro laboratorio dove non entrano altri che il personale (anche se i protocolli fin qui visti non danno questa impressione…)  la cosa si complica notevolmente nel caso della vendita al pubblico, interessata durante la giornata dalla mobilità e contatto con qualche centinaio di persone. In questo ultimo caso, evidentemente, il rischio di contagio diventa notevolmente più elevato. Premesso e ricordato che l’INAIL copre gli infortuni ma anche che ha il diritto di rivalsa, è bene tenere presente che le conseguenze patrimoniali (se non penali ) di una causa di infortunio possono essere anche molto pesanti per il datore di lavoro e per l’impresa. Soprattutto quando la malattia comporti danni permanenti agli organi o  invalidità o all’evento limite della morte, sorte che solo in Italia in pochi mesi è toccata a quasi 30mila persone. Certo, gran parte erano anziani e malati. Gran parte, ma non tutti. E teniamo anche conto del fatto che non sappiamo ancora se vi saranno ulteriori correlate conseguenze sanitarie nel medio – lungo periodo.

La vicenda dell’amianto, la cui pericolosità e nocività sono divenute evidenti solo dopo decenni ma che oggi riguardano migliaia di lavoratori e moltissime aziende dovrebbe insegnare qualcosa.

Purtroppo,nei prossimi mesi, oltre a preoccuparci della salute delle nostre famiglie e dei nostri collaboratori, dovremmo cominciare a considerare come reale e problematico anche questo aspetto del problema.