
di Edvino Jerian
Spesso, troppo spesso, parlare bene di chi non c’è più è semplicemente un esercizio di facile retorica nel quale i giornalisti eccellono: diventa invece difficile, molto difficile, non cadere nella retorica per chi, come il sottoscritto, voglia parlare di Italo Rava, un collega, un amico, un protagonista e compagno di lunghe e difficili battaglie in nome e in difesa della panificazione italiana.
Chi scrive, catapultato negli anni 90 dai panificatori della mia regione nel consiglio nazionale, lo ha già trovato lì, determinato, combattivo ma anche leale e istituzionale, fortemente consapevole del ruolo che i fornai piemontesi gli avevano affidato. Uomo di poche parole ma chiare, oneste, a volte scomode e dure, voleva sempre trasparenza e sentiva forte il dovere di portare avanti le proprie idee ma soprattutto quelle che considerava giuste nell’interesse dei panificatori italiani.
Non posso dimenticare che la mia prima uscita da presidente federale fresco fresco di nomina fu a Novi e all’Associazione panificatori di Alessandria, una visita che Italo negli anni mi ha più e più volte ricordato chiamandola scherzosamente “pastorale” : e se ho un cruccio, è quello di avergli tante volte promesso di tornare da semplice amico e collega, e non l’ho mai fatto.
Memorabile è stato il suo impegno, per anni e anni, nella lunga, durissima e sfibrante lotta parlamentare per arrivare a quel famoso decreto che solo pochi anni fa ha dato al pane fresco la dignità che merita, in contrapposizione a mille prodotti conservati e riscaldati.
Probabilmente pochi sanno che si deve a lui, che si diede da fare in tutti i modi con il Senatore Morando, allora presidente della potentissima Commissione Bilancio del Senato, per far avere alla Federazione un’audizione durante l’iter di modifica e approvazione del primo Decreto Bersani sulle liberalizzazioni : un’audizione che è rimasta memorabile poichè i panificatori furono l’unica categoria che, anzichè andare in piazza contro un’abolizione delle licenze di panificazione che sapevano tutti essere di fatto inevitabile chiedendo invece di poter avere il consumo immediato e il diritto a valorizzare il proprio pane con la denominazione di pane fresco. In quell’occasione il senatore Morando ebbe a dire che ” con questa audizione i panificatori, caso unico, anzichè protestare, hanno sfidato Governo e Parlamento sul loro stesso terreno delle liberalizzazioni”. E la proposta della Federazione divenne legge.
Ma perchè tutto questo divenisse realtà sono stati necessari più di 10 anni durante i quali Italo Rava non si è mai arreso e ha continuato a spendersi in tutti i modi convinto, dell’importanza di quella che era una battaglia che la panificazione doveva assolutamente vincere per assicurarsi un futuro in nome del prodotto sano, fresco, naturale: insomma, del vero pane artigianale.
Gentile ma determinato, mai disposto a compromessi, uomo della sua terra che capiva anche istintivamente ma acutamente come il destino dei fornai fosse legato a doppio filo a quello comunità in cui vivono: è questo che lo ha portato ad impegnarsi in mille attività associative, culturali ma anche fortemente legate alla valorizzazione dei prodotti del territorio.
Non stupisce in questo senso il forte legame che ha unito, complice il vivere nello stesso territorio, Italo Rava a Carlin Petrini fin dalla nascita di Slow Food e la sua partecipazione antelitteram al primo salone del Gusto di Torino con la sua amata focaccia novese, ma anche l’impegno nella proloco locale.
Non so quanto queste poche righe possano bastare a descrivere un uomo a cui tutti i panificatori italiani dovrebbero essere grati e del quale dovrebbero sempre conservare memoria e tenere ad esempio: ma anche se i tempi cambiano, la storia umana, sindacale e professionale di Italo Rava dovrebbe insegnare l’importanza di essere prima di tutto uomini coerenti, sempre con la schiena diritta e che modestia ed umiltà sono le più grandi qualità che una persona possa avere.
Ciao Italo, e grazie di tutto.