Come noto, il decreto-legge 127/2021 ha esteso l’obbligo del green pass a tutto il mondo del lavoro. L’entrata in vigore dell’obbligo stesso (15 ottobre 2021) e la necessità di possesso del green pass per tutti, lavoratori e titolari -ai fini dello svolgimento dell’attività lavorativa in sicurezza e la necessaria tutela della salute – presuppone anche l’organizzazione di un sistema di controllo efficace del possesso del green pass stesso.
Anche se in apparenza quanto va fatto appare semplice, in realtà è necessario approfondire gli aspetti applicativi ed operativi conseguenti alla nuova normativa.
Qui un primo approfondimento relativamente agli aspetti operativi che le imprese devono tenere in considerazione.
Si premette e ricorda che l’accesso aziendale è consentito solo al personale o in possesso del green pass (emesso per una delle tre causali note, vaccinazione, guarigione e tampone negativo) o del certificato di esenzione dalla vaccinazione (come da circolare 4 agosto 2021 del Ministero della Salute)
L’art. 3 del Dl 127/2021 interviene e integra l’art. 9-septies del Dl 52/2021 ( che già disciplinava l’obbligo del green pass per il settore pubblico), estendendone l’impiego anche al settore privato.
L’obbligo di essere forniti di greenpass riguarda “chiunque svolge una attivita’ lavorativa nel settore privato e’ fatto obbligo, ai fini dell’accesso ai luoghi in cui la predetta attivita’ e’svolta, di possedere e di esibire, su richiesta, la certificazione verde COVID-19”
Riguarda quindi tutti i l soggetti che svolgono, a qualsiasi titolo, la propria attività lavorativa o di formazione o di volontariato nei luoghi di lavoro afferenti al settore privato, anche sulla base di contratti esterni, ivi compresi i lavoratori autonomi ed i collaboratori non dipendenti.
Vale la pena di precisare che, nel caso di lavoratori assunti in contratto di somministrazione, l’azienda dovrà comunque verificare il possesso del certificato anche se a monte tale obbligo di controllo va attribuito all’agenzia del lavoro somministrato prima dell’impiego del dipendente stesso, essendo parte integrante degli obblighi contrattuali.
Come già sottolineato, l’obbligo di verifica rimane in capo al datore di lavoro (o suo delegato) che dovrà stabilire le modalità operative per l’organizzazione delle verifiche entro il 15 ottobre.
E’ opportuno che i controlli , vengano effettuati prioritariamente, al momento dell’accesso ai luoghi di lavoro ma, ove ciò risulti di difficile attuazione, sarà possibile che siano successivi all’ingresso e fatti nel corso dell’attività lavorativa:
“5. I datori di lavoro di cui al comma 1, definiscono, entro il 15 ottobre 2021, le modalita’ operative per l’organizzazione delle verifiche di cui al comma 4, anche a campione, prevedendo prioritariamente, ove possibile, che tali controlli siano effettuati al momento dell’accesso ai luoghi di lavoro,…”
Va specificato che qualora il datore di lavoro non provveda entro tale data a definire le modalità di controllo, potrà essere sanzionato in via amministrativa.
Va anche precisato che la norma non richiama espressamente la necessità di modificare il PROTOCOLLO ANTICOVID obbligatorio fin dal 2020 e sempre valido e necessario, nè la necessità di coinvolgere nella definizione delle modalità di verifica il Comitato previsto dal protocollo stesso, ma ai fini di una buona documentazione aziendale delle procedure appare consigliabile comunque procedere in tal senso.
È altresi’ importante che venga formalizzato con atto scritto chi sia il soggetto incaricato delle verifiche del green pass :
“…e individuano con atto formale i soggetti incaricati dell’accertamento delle violazioni degli obblighi di cui ai commi 1 e 2”
La verifica della validità del certificato deve essere fatta mediante la scansione del QR code apposto sullo stesso, utilizzando la App “VerificaC19”. e deve limitarsi alla sola autenticità e validità del certificato stesso.
La normativa in materia di privacy NON CONSENTE di raccogliere i dati relativi alle informazioni specifiche su come sia stato ottenuto il green pass, se per vaccinazione o tampone o guarigione nè è consentito raccogliere i dati dell’intestatario ivi compresa la data di scadenza del certificato stesso nè, tantomeno è consentito richiedere copia delle certificazioni oggetto della verifica.
In sede di verifica della certificazione (green pass o di esenzione), le informazioni oggetto di trattamento che possono essere assunte nel rispetto della privacy sono:
- le generalità del lavoratore, nonché la validità, l’integrità e l’autenticità del certificato verde o, se del caso, le predette informazioni in merito allo stato di soggetto esente da vaccinazione anti COVID-19;
- le generalità del lavoratore e il mancato possesso di un green pass.
Si ricorda, in particolare, e come già specificato dall’Autorità Garante per la Privacy nel caso della rilevazione della temperatura all’ingresso in azienda, che controlli e registrazioni debbono avvenire ” nel rispetto del principio di minimizzazione, la verifica delle certificazioni di esenzione non deve comportare la rilevazione di dati eccedenti le finalità perseguite e, in particolare, di dati inerenti alla condizione sanitaria dell’interessato;”
I CONTROLLI
Anche se la norma prevede la possibilità di controlli a campione, si ritiene che tale procedura non sia consigliabile in particolare nelle piccole imprese poichè non sarebbe in grado di garantire senza dubbi che in azienda non vi siano lavoratori privi di greenpass. Per lo stesso motivo, quando possibile, sarebbe sempre da preferire il controllo al momento dell’ingresso e non successivamente anche se rimane possibile, qualora vi siano difficoltà di controllo in determinati orari, un controllo durante l’orario di lavoro: è raccomandabile, ovviamente che, se il controllo viene effettuato successivamente all’ingresso in azienda, non vengano adottate procedure di controllo a campione che in fase di eventuali successive contestazioni, potrebbero dar luogo a accuse di discriminazione nei confronti del controllato rispetto a chi non lo è stato. Inoltre vanno considerate le eventuali conseguenze a carico del lavoratore privo di certificazione:
nel caso di controllo al momento dell’ingresso il lavoratore non può essere sanzionato ma soltanto sospeso dal lavoro (e la questione verrà trattata quale assenza ingiustificata) mentre, qualora la mancanza di greenpass venga accertata DURANTE l’orario di lavoro, la stessa rientrerebbe nell’ambito delle sanzioni disciplinari configurando anche la possibilità di licenziamento. In questo caso l’azienda comunicherà al Prefetto la violazione e sarà il prefetto ad emettere la sanzione prevista.
proprio perchè in caso di violazione è prevista l’eventuale trasmissione degli atti al Prefetto, iI verificatore deve seguire una procedura di controllo previamente predisposta che consenta, del caso, di comprovare il mancato possesso del certificato verde.
E’ ovvio che a fronte della sanzione disciplinare comminata, il lavoratore che a differenza dei colleghi verificati all’ingresso, potrebbe comunque invocare la differenza di trattamento subita quale atto di discriminazione: con tutte le conseguenze che ne potrebbero derivare come contenzioso ma anche in sede di giudizio.
Anche da quanto detto sopra, emerge l’importanza che le procedure di controllo, oltre all’obbligo di formalizzazione delle stesse ed entro il 15 ottobre -già sopra ricordato – e pena una sanzione amministrativa, indichino chiaramente le procedure, gli strumenti adottati per la verifica del QR CODE ,chi è stato controllato, così come l’indicazione formale del soggetto addetto al controllo così come la specifica della verifica qualora la stessa risulti negativa per assenza o invalidità del greenpass.
COSA SUCCEDE DOPO IL 15 OTTOBRE IN MANCANZA DI GREENPASS.
Nel caso in cui il lavoratore si presenti al lavoro privo del certificato verde viene considerato assente ingiustificato fino alla sua presentazione in azienda con un documento valido. Il datore di datore ha l’OBBLIGO di registrare la mancanza di certificazione così come il controllo del successivo rientro con green pass valido.
Durante il periodo di assenza e di sospensione il lavoratore non sarà retribuito, ma, comunque, non vi potranno essere conseguenze disciplinari né, tantomeno, il lavoratore potrà essere licenziato sempre che non venga rilevata l’assenza di certificazione durante il turno di lavoro.
Il DL 21 settembre 2021 prende in particolare considerazione il problema di che cosa possa succedere nelle piccole imprese con meno di 15 dipendenti nelle quali la sospensione di un lavoratore potrebbe comportare evidenti problemi operativi : per questi casi si prevede che
7. Per le imprese con meno di quindici dipendenti, dopo il quinto giorno di assenza ingiustificata di cui al comma 6, il datore di lavoro puo’ sospendere il lavoratore per la durata corrispondente a quella del contratto di lavoro stipulato per la sostituzione, comunque per un periodo non superiore a dieci giorni, rinnovabili per una sola volta, e non oltre il predetto termine del 31 dicembre 2021.
Il lavoratore privo di certificato, ha l’obbligo da parte sua di comunicare che ne è privo PRIMA del suo ingresso in azienda: se non lo fa o lo fa successivamente diventa sanzionabile e non si tratterebbe più di assenza ingiustificata ma di violazione della normativa (come già richiamato più sopra).
E’ dunque opportuno che l’eventuale comunicazione del lavoratore di non essere in possesso di certificazione sia preliminare rispetto al momento di accesso ai luoghi di lavoro (il comma 6, ai fini dell’assenza ingiustificata, contempla anche e in via alternativa il caso del lavoratore sprovvisto di green pass al momento dell’accesso al luogo di lavoro) ed è consigliabile che la stessa sia prevista come possibile all’interno della procedura formale di verifica che il datore di lavoro deve predisporre entro il 15 ottobre.
Va anche posta attenzione su che cosa si intenda per luogo di lavoro, ovvero dove diventa vigente l’obbligo di greenpass: anche se intuitivamente si parla dell’azienda in generale, potrebbe essere consigliabile definire l’area nella quale l’accesso è limitato solo ai possessori di greenpass. Ad esempio, in un’azienda costituita da laboratorio e punto vendita, l’area di accesso clienti potrebbe essere definita e considerata area di ingresso utilizandola anche quale punto di verifica del greenpass prima dell’accesso al luogo di lavoro vero e proprio che potrebbe essere il laboratorio così come (per il personale di vendita) il retrobanco di vendita. E’ appena il caso di considerare come, laddove vi sia anche somministrazione, l’area ad essa dedicata diventa automaticamente area aziendale di lavoro per il personale di servizio. Analogamente, nel caso di consegne presso terzi, è ovvio che il luogo di consegna diventa area di lavoro anche se esterna all’azienda stessa, per cui il personale addetto alle consegne dovrà essere verificato prima di prendere servizio.
CHI PAGA IL TAMPONE?
la norma prevede anche la possibilità che il greenpass venga rilasciato a seguito di esito negativo del del tampone molecolare “su campione salivare e nel rispetto dei criteri stabiliti con circolare del Ministero della salute, con esito negativo al virus SARS-CoV-2”. e, anche per supplire a situazioni di emergenza e consentire l’accesso al luogo di lavoro, il tampone utile al rilascio del green pass è quello previsto dal Dl 52/2021, art. 9, co. 1, lett. d)ovvero “test antigenico rapido: test basato sull’individuazione di proteine virali (antigeni) mediante immunodosaggio a flusso laterale, riconosciuto dall’autorità sanitaria ed effettuato da operatori sanitari o da altri soggetti reputati idonei dal Ministero della salute”.
Il certificato verde COVID-19 è rilasciato a seguito di tampone con una validità di sole quarantotto ore dall’esecuzione del test ed è rilasciata in formato cartaceo o digitale, dalle strutture sanitarie pubbliche, da quelle private autorizzate o accreditate e dalle farmacie che svolgono i test, ovvero dai medici di medicina generale.
Quanto al costo relativo al test del tampone, poichè la legge prevede il divieto di accesso nel luogo di lavoro senza green pass valido, essendo una libera scelta del lavoratore quella di non vaccinarsi (gratuitamente), sarà a suo carico – e non dell’azienda – il pagamento dello stesso.
Vale infine la pena di ricordare che l’obbligo di greenpass è legato all’attività lavorativa: pertanto, se il lavoratore si reca in azienda al di fuori del suo orario di lavoro per motivi diversi, lo stesso, alla pari di un privato cittadino, non avrà l’obbligo di esibire il certificato verde. Ovviamente è consigliabile che il suo accesso sia limitato ad aree ben identificate quali, ad esempio, atrio, ufficio o aree di vendita aperte al pubblico.
LE SANZIONI
Particolarmente pesanti le sanzioni sia a carico dei lavoratori che delle imprese :
1)Al lavoratore che comunica la mancanza di certificazione prima di presentarsi in azienda o che si presenta in azienda senza certificato verde : L’assenza viene considerata come ingiustificata, si avvia la sospensione dalla prestazione lavorativa e della retribuzione e di ogni altro compenso o emolumento. La sospensione dalla prestazione lavorativa e della retribuzione e di ogni altro compenso o emolumento è OBBLIGATORIA nel caso la mancanza di greenpass venga accertata all’ingresso in azienda e non comunicata prima dal lavoratore.
2) Per Imprese con meno di 15 dipendenti : la mancata presentazione del certificato per 5 giorni comporta l’assenza ingiustificata per i primi cinque giorni, la sospensione facoltativa per ulteriori dieci giorni, rinnovabili per una volta con una durata della sospensione corrispondente a quella del contratto di lavoro stipulato per la sostituzione, comunque per un periodo non superiore a dieci giorni.
3) Lavoratore presente nel luogo di lavoro senza greenpass: sanzione amministrativa da 600 a 1.500 euro e in caso di reiterata violazione, la sanzione amministrativa è raddoppiata e quella
accessoria è applicata nella misura massima. La sanzione viene irrogata dal Prefetto al quale il verificatore è tenuto a presentare comunicazione della violazione .
Sono anche applicabili sanzioni disciplinari.
4) DATORE DI LAVORO :
mancato controllo : sanzione amministrativa da 400 a 1.000 euro. In caso di reiterata violazione, la sanzione amministrativa è raddoppiata e quella accessoria è applicata nella misura massima. Viene irrogata dal Prefetto su segnalazione (trasmissione degli atti relativi alla violazione) da parte dei soggetti incaricati dell’accertamento.
Mancata adozione delle misure organizzative : sanzione amministrativa da 400 a 1.000 euro.In caso di reiterata violazione, la sanzione amministrativa è raddoppiata e quella accessoria è applicata nella misura massima. Viene irrogata dal Prefetto su segnalazione (trasmissione degli atti relativi alla violazione) da parte dei soggetti incaricati dell’accertamento.
—————————————————————————————
LA PRESENTE NOTA E’ FRUTTO DI UNA NOSTRA SINTESI E DI APPROFONDIMENTI BASATI SUGLI ELABORATI E DOCUMENTI AD OGGI DISPONIBILI. SI RACCOMANDA COMUNQUE DI APPROFONDIRE ULTERIORMENTE GLI ARGOMENTI TRATTATI SOPRATTUTTO SULLA BASE DEL TESTO UFFICIALE DEL DL 127/2021 (qui il link) .