GRANI ANTICHI e LIEVITI NATURALI : non è solo questione di nomi, ma anche di sostanza… (PARTE I°)

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Le imprese alimentari, ed in particolare le nostre, devono essere consapevoli dell’impatto che la comunicazione esercita sulle scelte da parte dei consumatori che devono essere consapevoli e tenere conto delle loro esigenze e aspettative. Possiamo dire tranquillamente che le parole creano la nostra percezione della realtà che ci circonda.

In questi anni due sono i leit- motiv che caratterizzano il mercato del pane nei confronti dei consumatori: l’utilizzo di grani antichi e l’utilizzo del cosiddetto lievito naturale.

Nell’intento di cercare di approfondire questi due aspetti dove la terminologia gioca un ruolo primario, in questo primo post parliamo dei cosiddetti grani antichi riservandoci di approfondire la questione del cosiddetto LIEVITO NATURALE, termine sul quale si è speso con grande dovizia di documentazione e di particolari il dott. Gianluigi MAZZOLARI che spesso ha collaborato e tutt’ora collabora con la nostra federazione.

Il post del dott. Mazzolari è consultabile QUI 

È evidente quindi come l’utilizzo di determinate terminologie in ambito alimentare possa rappresentare un elemento fondamentale per la vita e il successo commerciale dei prodotti a patto che non diano luogo a confusioni interpretative anche tenuto conto che oggi il consumatore non si affida esclusivamente a ciò che il venditore dichiara ma va sempre più a verificarne la correttezza anche con semplici e immediati riscontri sulle migliaia di articoli disponibili in rete.

È dunque di grande interesse non solo e non tanto per i consumatori ma soprattutto per chi, come noi, deve rendere conto ai propri clienti di ciò che vende e di ciò che dice il libro del professor Luigi Cattivelli, direttore del centro ricerche per la genomica e la bioinformatica del CREA (l’istituto del Ministero dell’Agricoltura per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria), intitolato “Pane Nostro, grani antichi, farine e altre bugie”.

Tutto ha inizio da una cena al ristorante. L’ottimo pane offerto nel cestino, accompagnato dalla nota: “grano tradizionale della varietà Bolero, macinato a pietra”, in realtà non è prodotto con grano antico bensì con il grano di una varietà moderna, sovente impiegata in agricoltura biologica”

È probabile che un consumatore poco esperto ma amante dei cibi tradizionali, avrebbe apprezzato tale scelta, ma la realtà è che Bolero non è un grano antico bensì è una varietà moderna. Inizia con questo curioso aneddoto il libro di Luigi Cattivelli indirizzato in primo luogo agli studiosi desiderosi di aggiornamento, comprendendo in primo luogo gli studenti, ma ovviamente tutti coloro che, a vario titolo, desiderano essere semplicemente informati sulle effettive caratteristiche dei cereali destinati alla produzione di pane e pasta.

Vale la pena di leggere con attenzione la recensione del libro a cura Alessandro Cantarelli, pubblicata su AGRARIAN SCIENCES ( qui il link all’articolo)  che riportiamo qui nelle sue parti più interessanti e che mette in luce come l’autore non tralasci gli opportuni approfondimenti sulle più recenti biotecnologie utilizzate nel miglioramento genetico, affrontando senza timore paure irrazionali cavalcate dal mainstream corrente, forniti dalla scienza.

Per arrivare nella parte conclusiva a quelli che saranno il pane e la pasta del domani, dal momento che l’agricoltura nei prossimi decenni dovrà affrontare alcune sfide epocali.

Scorrendone le pagine, è lo stesso autore a introdurci che è esperienza di tutti come il marketing, a livello locale come nella grande distribuzione organizzata, faccia spesso leva su aspetti legati alla tradizione lasciando intendere che i prodotti come quelli di una volta abbiano proprietà superiori rispetto a quelli moderni”.

Il grano fa osservare Cattivelli in termini economici si può definire come un bene a domanda rigida: una piccola diminuzione dell’offerta determina infatti un forte aumento di prezzo. Il grano è il tipico prodotto che sembra non interessare nessuno, a patto che ce ne sia sempre per tutti! A seguito della guerra in Ucraina, l’opinione pubblica ha scoperto che l’Italia importa almeno la metà del frumento che utilizza e, molte persone hanno chiesto allo stesso autore perché non si possa essere autosufficienti.

La lettura del libro aiuta il lettore a meglio comprendere il ruolo che il frumento ha avuto in passato, quello che ha oggi e avrà in futuro per l’alimentazione umana, nonché quanto questa pianta sia strategica per il futuro dell’umanità. L’autore argomenta il perché l’essere competitivi nella produzione di grano, significhi in primo luogo garantire l’avvenire di un Paese. Per fare questo è necessario guardare ad esso con approccio scientifico e oggettivo, al di là delle tante fakes news diffusesi in questi ultimi anni.

Scopo di questo libro vuole essere la spiegazione dell’importanza nell’investimento in ricerca e coltivazione del frumento, ma anche del motivo per il quale non si possa sottovalutare l’elemento che sta alla base della nostra alimentazione. Il libro è suddiviso in sette capitoli, all’interno dei quali il lettore troverà approfondite argomentazioni che portano a concludere che ha poco senso parlare di varietà antiche o moderne, anziché cercare di capire da cosa dipendono effettivamente le caratteristiche dei diversi frumenti, in primo luogo il contenuto in proteine e la tenuta di cottura.

L’Autore non tralascia di citare alcune Fakes che si trovano in Internet, nel capitolo dedicato alle Bugie in rete, alcune di queste davvero curiose e divertenti. Nel testo vengono stigmatizzate queste affermazioni, in quanto prive di evidenze scientifiche: ad oggi in nessuna parte del mondo si coltiva grano duro OGM ed inoltre non esiste alcuna correlazione tra la mutagenesi fatta per ridurre l’altezza delle piante (carattere peraltro ottenuto anche a seguito di mutazioni naturali) e la modifica delle proteine del glutine. Uno scenario senza precedenti si prospetta per l’agricoltura europea, nel bene e nel male.

Si rimanda alla pubblicazione a breve della seconda parte del post, dedicata alla questione della corretta identificazione e denominazione delle paste madri (correntemente ed erroneamente denominato come “lievito naturale”) oggetto dell’articolo del dott. Mazzolari.