AUTUNNO: E’ TEMPO DI SEMINA.

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Giancarlo Ceccolini, presidente della Federazione Italiana Panificatori

Quando il contadino semina, esprime sempre un grande coraggio, investe con la speranza di avere un buon raccolto che non è sempre scontato.

Allo stesso modo, con coraggio, noi confidiamo di fare cosa giusta riconoscendo oggi, sotto forma di superminimo, 50 € ai nostri collaboratori che ormai da un anno si trovano con il contratto scaduto e devono anch’essi fare i conti con un dato inflattivo che lo scorso dicembre ha superato l’11%.

A quasi un anno dalla scadenza del Contratto di lavoro, da parte sindacale, non vi sono segnali di voler aprire a breve una trattativa per il rinnovo. Poco più di un anno fa, nell’ aprile del 2022 i tre sindacati aderenti a CGIL, CISL e UIL, storicamente firmatari fin dagli anni ’40 del nostro contratto hanno esplicitamente riconosciuto, nella chiusura del rinnovo contrattuale, la nostra maggiore rappresentatività del settore, che del resto è chiaramente attestata dal numero di aziende che a tutt’oggi applicano il nostro contratto di lavoro.

Insomma, quantomeno al momento, e per scelta unilaterale delle organizzazioni dei lavoratori, il confronto sembra scivolare su un terreno inaridito.

Cosa è cambiato in poco più di un anno? perché questo rifiuto anche solo di confrontarsi? Paura di chi, come noi, vuole intraprendere strade contrattuali nuove anziché accontentarsi delle vecchie liturgie che sempre più giuslavoristi e studiosi di diritto del lavoro da tempo considerano arcaiche e superate? Da tempo chiediamo una struttura contrattuale che rispecchi la realtà economica del territorio sia in termini di capacità di spesa che di flessibilità di mansioni guardando al risultato della prestazione dei nostri collaboratori che, per impegno e dedizione al lavoro, non sono tutti uguali? Se il costo della vita in alcune provincie del nord Italia è del 50% più alto che in Sicilia, come si può pretendere che retribuzione e costo del lavoro siano identici per tutti? Se nella stessa azienda c’è chi si impegna più di altri perché il suo stipendio deve essere uguale a quello di chi tira a campare? Sono solo alcune delle domande alle quali i sindacati non vogliono o non sanno dare risposta. E fanno finta di non sentire, incapaci di accettare cambiamenti anche modesti, evocano lo spauracchio di ipotetiche “gabbie salariali” rifiutandosi di aprire quelle gabbie contrattuali – queste ultime sì purtroppo reali – che limitano lo sviluppo e a volte la sopravvivenza stessa delle nostre imprese.

Ma non è questo che ci serve, non è questo che vogliamo per le nostre aziende.

In momenti di crisi come questi non possiamo più accontentarci di risultati di facciata: ecco perché oggi si rivolgono ad altri, con la speranza che siano più accomodanti e con i quali la trattativa si possa ricondurre, come da troppo tempo accade, all’euro in più o all’euro in meno.

Ma noi abbiamo bisogno di collaboratori motivati, che ci consentano di far crescere le nostre aziende. E non si motiva certo la gente sulla base di una uguaglianza di maniera che livella tutti, senza fare distinzioni tra chi si impegna e chi tira a campare.

Ecco perché, consapevoli come siamo di come i nostri collaboratori siano una risorsa preziosa, da tenere nella massima considerazione. Se il momento è difficile per le nostre imprese, lo è almeno altrettanto per i nostri dipendenti che hanno visto diminuire pesantemente il valore reale del proprio stipendio.

Ed è sulla base di queste considerazioni che è maturata nella Federazione la difficile ma anche inevitabile scelta di non attendere oltre e – contratto o non contratto -dare un segnale concreto e immediato a chi giorno e notte lavora al nostro fianco, senza ulteriori attese di trattative che prima o poi dovranno comunque partire.

Probabilmente 50 euro non sono una gran cosa, ma sono il segnale concreto che i panificatori italiani hanno consapevolezza delle difficoltà economiche quotidiane dei propri collaboratori.  Vogliamo prima di tutto rafforzare la reciproca fiducia tra noi e chi lavora nelle nostre imprese.

Ma di altrettanta fiducia abbiamo bisogno da parte dei consumatori: ecco perché abbiamo deciso di bloccare per tre mesi i prezzi di almeno due tipi di pane. Una iniziativa semplice e chiara che si contrappone alla forza mediatica della Grande Distribuzione che vuole apparire come la salvatrice della patria mentre non fa altro che appiccicare simbolici carrelli tricolore sulle vetrine mentre, più semplicemente, continua con le offerte che da anni stanno dilagando in tutti i loro negozi.

Con meno mezzi e grande concretezza la risposta dei panificatori italiani arriva ai nostri clienti che hanno dimostrato di gradire l’impegno assunto: mi sento di dire che anche in questo caso se da una parte c’è uno sforzo da parte delle aziende dall’altra il riconoscimento della clientela ci premia e ci consente di ricostruire una buona immagine del pane e del fornaio proprio grazie a iniziative come queste.

E, dunque, stiamo seminando prima di tutto fiducia.

Ma, come nel caso del contadino, la semina è sempre un lavoro difficile e faticoso e prima di seminare bisogna preparare il terreno, ararlo e lavorarlo e poi interrare i semi con cura e attenzione. Per vederne i risultati ci vorrà tempo, pazienza e perseveranza, nella consapevolezza che non sempre tutto va comunque per il meglio: può infatti accadere che, a volte, il terreno non sia adatto e parte del raccolto vada a male.

Se così avviene bisogna cambiare terreno e trovarne uno più fertile e adatto a dare buoni frutti, tale da non vanificare le nostre fatiche.  Allo stesso modo noi dobbiamo lavorare con pazienza, pronti anche, se serve, a cambiare, consapevoli e fiduciosi che prima o poi le nostre semine troveranno il terreno adatto per poter avere i risultati soddisfacenti che si aspettano le nostre imprese.

Insomma, per dirla con un proverbio: “se il terreno è buono, chi semina raccoglie!”

Giancarlo Ceccolini, presidente della Federazione Italiana Panificatori