ASSEMBLEA FEDERALE: SERVONO PIU’ FATTI E MENO PAROLE !

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SE il coronavirus ha un merito, è quello di aver costretto tutti ad un crudele bagno di realtà, spazzando via quella retorica che da troppo tempo ingessa istituzioni ed organizzazioni, in particolar modo quelle datoriali nelle quali, anziché lavorare su programmi concreti per le imprese, da anni si preferisce lanciare parole d’ordine e dichiarazioni che, se forse raccolgono applausi (spesso solo di maniera), dietro si sé lasciano il vuoto. Ed è forse questa una delle cause, se non la causa primaria, delle crisi associative che si evidenziano con un distacco sempre più forte e marcato tra aziende e le loro rappresentanze sia territoriali che nazionali.

Non vi è quindi alcun dubbio che il contesto epidemico condizionerà pesantemente l’assemblea ordinaria federale che si terrà giovedì 22 ottobre.  E la condizionerà non tanto nella forma, obbligando i partecipanti a viverla a distanza in modalità on line, quanto nei contenuti che rappresenteranno necessariamente e sotto ogni aspetto un momento di rottura con il passato.

La stessa relazione di apertura del presidente non potrà limitarsi ad un’analisi di quanto accaduto nel 2019 ma, anche considerando che mancano solo due mesi alla fine dell’anno, ma dovrà necessariamente analizzare compiutamente gli accadimenti del 2020 visti in tutte le ricadute che hanno avuto e continuano ad avere sulla nostra categoria. Ma, soprattutto, dovrà vertere sulle possibili prospettive per il futuro sia immediato che mi medio lungo periodo.

Perché è del tutto evidente che, anche se prima o poi l’epidemia dovesse essere finalmente ricondotta a situazioni sanitarie meno critiche, in ogni caso non si tornerà certo al passato: il coronavirus è destinato a lasciare dietro di sè cambiamenti radicali nel modo di vivere,  comunicare, acquistare che possono essere dirompenti particolarmente per una categoria, quale è quella dei panificatori artigiani, che ad oggi sono praticamente assenti sul fronte dell’innovazione tecnologica e del lavoro. Una situazione che rischia di divenire sempre più drammatica, visto che proprio l’innovazione è vista come l’unica reale via d’uscita dalla crisi economica che l’Italia, più degli altri Paesi, sta vivendo a causa della stagnazione ma anche di quel debito che già nel 2019 si preannunciavano come estremamente preoccupanti.

Le stime parlano purtroppo chiaro: la contrazione dei consumi privati sta viaggiando intorno al 10% e, anche la caduta del prodotto interno lordo è altrettanto pesante.

Le pensioni, per quanto il Governo e le istituzioni tentino di rassicurare la gente, sono messe a rischio da una previsione di passivo dell’INPS a fine 2020 che potrebbe superare i 26 miliardi di euro.

E’ dunque questo il contesto nel quale i panificatori dovranno lavorare, facendo di tutto per salvaguardare in primo luogo la sopravvivenza dela propria impresa e, in secondo luogo, il mantenimento dei posti di lavoro.  Affermazione forse brutale, ma che bisogna pur avere il coraggio di fare con chiarezza poiché l’occupazione, atteso che si tratta di un aspetto sociale primario, non può condizionare le imprese fino al punto di far loro rischiare la chiusura.

Sembra ovvio, ma non lo è, e né i sindacati né la politica sembrano avere chiaro che i sussidi governativi sono un pozzo che però non può essere senza fondo in attesa che Governo e Parlamento decidano se accedere al MES o al Recovery Found o a entrambi, avendo comunque chiaro che tutto prima o poi si paga o in denaro o in sudditanza politico-economica.

Ma comunque si paga, e il conto lo pagheranno, ancora una volta, imprese e cittadini.

Se questo è il quadro generale che si va delineando e del quale l’assemblea federale dovrà tenere pesantemente in conto, ciò che resta da comprendere è non tanto che cosa possano fare i panificatori italianai per salvaguardare la propria impresa, la propria famiglia, i propri collaboratori ma che cosa possa fare per loro questa Federazione: chè una mancanza di risposte in tal senso non è nemmeno ipotizzabile, poiché equivarrebbe a dire che ha perduto la propria funzione primaria, ovvero   la tutela della categoria.

Mai come in questo momento si rende necessario richiamare con forza lo scopo fondativo della Federazione Italiana Panificatori, che l’art. 2 dello Statuto federale enuncia con grande chiarezza.

E mai come ora i panificatori italiani hanno bisogno non solo e non tanto di consigli, analisi, suggerimenti ed indicazioni ma di un’organizzazione nazionale forte e coesa che sia al loro servizio, che dica loro chiaramente non cosa dovranno fare ma cosa la Federazione intende fare, quali iniziative ha messo e metterà in campo, come sosterrà le aziende, in quale modo intende farlo, quali le azioni che ritiene utili e necessarie per salvaguardarle e dare loro il futuro che meritano.

Troppi oggi stanno semplicemente chiedendo al Governo sussidi e finanziamenti, facendo finta di non vedere che i soldi sono finiti e che lo Stato è ad un passo dalla bancarotta.

In questi lunghi, durissimi mesi, abbiamo sentito molte richieste forse anche sacrosante ma poche proposte coraggiose che, a fronte di obblighi, responsabilità e sacrifici che vengono richiesti a imprese e cittadini, dovrebbero contemperare soprattutto un nuovo patto sociale basato non su sussidi e prebende distribuiti a pioggia ma su di un rinnovato senso di responsabilità sia collettivo che individuale.

Una responsabilità sociale e collettiva può implicare anche scelte pesanti e dolorose, e sta alle organizzazioni di rappresentanza individuarle, dichiararle e portarle avanti con forza in tutte le sedi, siano esse di carattere istituzionale, economico, sindacale e contrattuale.

Ma poiché le organizzazioni non sono entità astratte ma un insieme di uomini ed aziende, alle responsabilità collettive non possono non affiancarsi quelle individuali di coloro che ne sono alla guida in nome del bene comune e, in ultima analisi, rispondendo del pieno rispetto e dell’attuazione piena dello Statuto.

Questa assemblea non si potrà esaurire semplicemente dando pareri, interpretazioni e indicazioni su cosa i fornai debbano non debbano fare ma dire che cosa la federazione intende fare, quali obiettivi si pone, come pensa di agire, con quali mezzi e quali strumenti renderà concreto ed attuale il dettato statutario che mai come ora deve essere perseguito.

In definitiva, dunque, sarà questa assemblea dimostrare se questa Federazione ha non solo la capacità di interpretare i bisogni e le aspettative della categoria ma anche la volontà e la forza di lavorare per mettere in campo azioni reali e concrete.

Poche parole, chiare e trasparenti, che dicano dove si vuole andare, che cosa si vuole fare e come si intende farlo.