INFORTUNIO: LAVORATORE DISTRATTO, MA RIMANE LA COLPA DELL’IMPRENDITORE.

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Una sentenza della Corte di Cassazione del 3 marzo 2021 (n.22256/2021) si occupa di un caso di infortunio occorso ad un operaio che era stato urtato da un muletto per lo spostamento di carichi riportando la frattura della tibia e del piede sinistro.  Uno dei motivi dell’incidente è stata sicuramente la disattenzione da parte dell’infortunato, ma, come vedremo, ciò non basta a risolvere il problema.

Senza scendere nei dettagli della questione (la sentenza è interamente consultabile QUI) ciò che interessa rilevare sono alcuni aspetti importanti delle considerazioni che la Corte di cassazione richiama e che possono essere validi in tutti i casi di infortunio sul lavoro.

E’ prima di tutto importante rilevare come il Documento di Valutazione dei Rischi (DUVRI) fosse stato predisposto ed in maniera ancvhe piuttosto accurata, prevedendo anche le misure necessarie a prevenire incidenti quale quello in questione, ma come avremo modo di vedere più avanti, ciò non è stato ritenuto sufficiente dalla Corte di Cassazione per un verdetto di totale non colpevolezza dell’imprenditore, distino però da quello dell’impresa .

Prima di analizzare i punti generali evidenziati dalla Cassazione e che riguardano direttamente le responsabilità in materia di infortuni, è importante rilevare come la Corte abbia messo in luce la differenza per nulla marginale ma invece importante tra l’impresa e l’ imprenditore, due figure che in generale si tendono a considerare coincidenti ma che invece, ad esempio nel caso delle società, in termini di valutazione di colpa o responsabilità per la Corte non lo sono affatto .

Nel caso in questione, le figure interessate (oltre naturalmente all’infortunato), erano un Società (SRL) e, separatamente, il datore di lavoro,  dichiarato in primo grado colpevole del reato di lesioni colpose, aggravate dalla violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro un imprenditore, in particolare per violazione degli art. 63 e 64 della legge 81/2008:

Articolo 63 – Requisiti di salute e di sicurezza
1. I luoghi di lavoro devono essere conformi ai requisiti indicati nell’ALLEGATO IV.
2. I luoghi di lavoro devono essere strutturati tenendo conto, se del caso, dei lavoratori disabili.
3. L’obbligo di cui al comma 2 vige in particolare per le porte, le vie di circolazione, gli ascensori e le relative
pulsantiere, le scale e gli accessi alle medesime, le docce, i gabinetti ed i posti di lavoro utilizzati da lavoratori
disabili.

Articolo 64 – Obblighi del datore di lavoro
1. Il datore di lavoro provvede affinché:
a) i luoghi di lavoro siano conformi ai requisiti di cui all’articolo 63, commi 1, 2 e 3;
b) le vie di circolazione interne o all’aperto che conducono a uscite o ad uscite di emergenza e le uscite di
emergenza siano sgombre allo scopo di consentirne l’utilizzazione in ogni evenienza;
c) i luoghi di lavoro, gli impianti e i dispositivi vengano sottoposti a regolare manutenzione tecnica e vengano
eliminati, quanto più rapidamente possibile, i difetti rilevati che possano pregiudicare la sicurezza e la salute
dei lavoratori;
d) i luoghi di lavoro, gli impianti e i dispositivi vengano sottoposti a regolare pulitura, onde assicurare condizioni
igieniche adeguate;
e) gli impianti e i dispositivi di sicurezza, destinati alla prevenzione o all’eliminazione dei pericoli, vengano
sottoposti a regolare manutenzione e al controllo del loro funzionamento.

Il datore di lavoro aveva ricorso sostenendo che non vi erano prove sufficienti a dimostrare che non aveva ottemperato a quanto sopra.

La Società SRL, con un altro avvocato e separatamente, invece, aveva ricorso sostenendo la tesi che non vi era responsabilità  poichè non vi era alcuna evidenza che la condotta omissiva addebitata al datore di lavoro sia stata posta in essere nell’interesse e/o a vantaggio della società.

Prendiamo prima in esame questa seconda parte, che risulta essere molto rilevante : in altri termini, e la Cassazione confermerà questa tesi, la responsabilità dell’impresa SRL  avrebbe dovuto essere connessa ad un vantaggio oggettivo in termini di costi e risparmi, motivi che avrebbero dovuto essere alla base dell’omissione delle necessarie misure di sicurezza.

In altri termini, per la Cassazione, i concetti di interesse e vantaggio, vanno di necessità riferiti alla condotta (della Società) e non all’evento (specifico) “ricorre il requisito dell’interesse qualora l’autore del reato ha consapevolmente violato la normativa cautelare allo scopo di conseguire un’utilità per l’ente, mentre sussiste il  requisito del vantaggio qualora la persona fisica ha violato sistematicamente le norme prevenzionistiche, consentendo una riduzione dei costi ed un contenimento della spesa con conseguente massimizzazione del profitto o della produzione, ”

Senza entrare nel dettaglio, ciò che interessa qui rilevare è come la sentenza abbia in modo estremamente esaustivo discusso il concetto secondo il quale, in presenza di documentazione adeguata, la società poteva essere ritenuta responsabile solo se si dimostrava che il tutto era stato in qualche modo preordinato (ovvero misure di prevenzione inferiori a quelle necessarie) al fine di ricavarne un utile in termini di riduzione dei costi o di minori ore di lavoro.

Diversa invece, per la Cassazione, la posizione del legale rappresentante  che viene invece condannato  per non aver organizzato una viabilità a prova di rischio.

E’ di notevole interesse, a questo riguardo  riportare alcuni passaggi del dispositivo della Corte di Cassazione poichè sottolineano come anche le disattenzioni da parte del lavoratore o le non osservanze delle istruzioni impartite non sollevano comunque il datore di lavoro dalla colpa dell’infortunio, richiamando elementi già posti in luce nel giudizio di primo grado:
la protezione delle persone negli ambienti di lavoro non possa essere rimessa esclusivamente alla prudenza e all’attenzione dei lavoratori, essendo onere del datore di lavoro predisporre dei modelli organizzativi idonei a prevenire anche le eventuali disattenzioni»

e, ancora,

«norme antinfortunistiche sono dirette a prevenire anche il comportamento imprudente, negligente o dovuto ad imperizia dello stesso lavoratore»

Dunque, a nulla vale sostenere che è stata colpa della disattenzione del lavoratore poichè, così come già statuito in molte altre sentenze, il datore di lavoro ha l’obbligo di predisporre misure di prevenzione che considerino anche il verificarsi di ipotesi di questo tipo.

QUI IL TESTO DELLA SENTENZA DELLA CASSAZIONE